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Chi ha vinto la pace?

Questa settimana, gli europei commemoreranno, in modi diversi, la fine della seconda guerra mondiale settantacinque anni fa. Per certe persone, come per i Britannici e i Russi, viene celebrata come essendo la vittoria. Per altri, come per gli olandesi, belgi e francesi, come essendo la liberazione. Per altri ancora, come per i popoli degli stati baltici e d’Europa centrale, sarà il ricordo del triste scambio di occupante per un altro. La liberazione avrà dovuto aspettare quarantacinque anni per questi europei.

Oggi è il Giorno del Ricordo in Olanda, con una cerimonia televisiva questa sera (lunedì 4 maggio), dopo che la coppia reale avrà camminato attraverso la Piazza Dam vuota, per posare delle corone di fiori sul monumento di guerra. Domani (martedì 5 maggio), il Giorno della Liberazione olandese, le commemorazioni saranno di nuovo ridotte dalle circostanze attuali. Le condizioni ristrette nelle quali ci ritroviamo ci aiuteranno forse a capire le sfide che i nostri genitori, nonni e bisnonni fronteggiarono.

Troppo spesso, dimentichiamo che la morte di Hitler non ha automaticamente garantito la pace ad un’Europa traumatizzata e spezzata. Le scene euforiche di soldati alleati dando cioccolata, sigarette e baci alle folle sventolando bandiere hanno presto lasciato lo spazio alla realtà ardua di ricostruire un’Europa devastata e divisa. Vincere la guerra è una cosa. Ma chi ha vinto la pace?

Il caos minacciava da tutte le parti. L’odio e il rancore verso il nemico e i collaboratori avvelenavano gli atteggiamenti popolari sia presso i vincitori sia presso gli sconfitti. Delle famiglie furono separate, divise e distrutte. Delle ferite profonde suppuravano fisicamente, psicologicamente e spiritualmente. La fame, la povertà e la disoccupazione aggiungevano alle miserie delle ferite e dell’agitazione, eclissando totalmente tutto ciò che sperimentiamo attualmente in Europa. La guerra fredda stava per iniziare. Le generazioni attuali non hanno mai conosciuto il clima di sfiducia e di sospetto, di crisi e di conflitto che dominava l’Europa nei cinque anni del dopoguerra.

Riconciliazione

Oggi, un tal conflitto tra le nazioni dell’Unione europea sarebbe impensabile, grazie a Dio! Questo fu in gran parte grazie alla storia di riconciliazione dopo la seconda guerra mondiale. Centrale a questa storia fu un politico-giurista francese modesto, riconosciuto come il ‘Padre dell’Europa’, Robert Schuman. Traendo la sua ispirazione nella sua fede cristiana e nell’insegnamento cattolico sociale, cercò un’alternativa all’antico ordine di stati nazioni rivali che aveva portato a ripetute guerre. Anche quando fu incarcerato dai nazisti all’inizio della guerra, e ancora una volta dopo aver fuggito e essersi nascosto, scriveva che “Noi, francesi, dovremo imparare a perdonare e ad amare i tedeschi per ricostruire l’Europa del dopoguerra.” Per tanti, questo sembrava tradimento. Dopo la guerra, quando fu nominato ministro degli affari esteri, Schuman continuò di cercare un modo di evitare il ciclo vizioso della guerra.

Esattamente settant’anni fa questo sabato 9 maggio 1950, Schuman comunicò un piano in un discorso di appena tre minuti. Questo fu certamente il momento decisivo dell’Europa del dopoguerra! Perché questo discorso posò le fondamenta della casa europea nella quale mezzo miliardo di persone di ventisette nazioni vivono insieme nella pace. Sin da quel momento, c’era un piano sul tavolo con l’obiettivo, secondo il pensiero di Schuman, di formare una “comunità di popoli profondamente radicata nei valori cristiani di base.” Questi valori scorrevano direttamente dagli insegnamenti di Gesù, affermava Schuman. La vera democrazia era “evangelica”, egli scriveva, radicata nel vangelo, incorporata nella dignità di ogni persona creata all’immagine di Dio, e nell’uguaglianza morale degli umani.

Interdipendenza

Il 9 maggio è stato sin da allora riconosciuto come la data di nascita dell’Unione europea ed è celebrato (o ignorato) come la Giornata dell’Europa nelle nazioni membri.

Ci ricordiamo dei sacrifici fatti per porre fine alla guerra. Celebriamo il restauro della libertà. Dobbiamo anche affermare la nostra connessione e la nostra interdipendenza mentre apprezziamo le nostre identità nazionali uniche. Cosiccome gli umani hanno bisogno di un’autonomia sana, abbiamo bisogno di connessione. Particolarmente in questi giorni di nazionalismo malavvisato, di xenofobia e di autoritarismo crescente, dovremmo esprimere la gratitudine per appartenere alla famiglia europea diversificata dei popoli. Sul sito web www.may9.eu, proponiamo tanti modi in cui possiamo celebrare la Giornata dell’Europa come essendo ‘La Giornata insieme per l’Europa’, o ‘La Giornata dell’Interdipendenza’‘La Giornata della famiglia europea’: un pranzo multiculturale, guardare dei film o visualizzare dell’arte online da vari paesi. Siate creativi!

Possiamo partecipare ad eventi previsti in varie nazioni e adatti online, come a Graz, dove austriaci, sloveni, italiani, ungheresi e croati si collegheranno via internet, o ad Utrecht dove un forum online parlerà di scenari futuri per l’Europa.

Consentitemi di invitarvi ad un Forum sullo stato dell’Europa online, inizialmente previsto questo fine settimana a Zagabria, sabato dalle ore 18 (CET), all’ora esatta del discorso ‘bomba’ di Schuman settant’anni fa. Degli ospiti da otto paesi, politici, universitari e professionisti, parleranno del significato del 9 maggio, del ruolo di Schuman, dello stato di un Europa attraversando oggi la crisi del coronavirus, e di ciò che possiamo ancora imparare dal Padre dell’Europa mentre ci prepariamo a ricostruire l’Europa del dopo coronavirus.

Potete collegarvi tramite la nostra pagina Facebook (Centro Schuman – lingua italiana) o la nostra pagina Youtube.

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman

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