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Perdonare : Perché non l’Europa?

Da Vista Magazine (edizione 36)

Europei divisi: un ostacolo per il Vangelo

Non c’è dubbio che noi, in Europa, abbiamo bisogno di riconciliazione. L’est e l’ovest, il nord e il sud: il nostro grande continente è stato testimone di numerose guerre e numerosi conflitti.

Gli europei portano abbastanza bagagli storici per essere arrabbiati a vicenda per un altro secolo ancora. Gli inglesi, i francesi, gli spagnoli, i russi, i tedeschi e altre nazioni europee hanno costruito i loro imperi dominando delle tribù più piccole e forzandole ad adattarsi conformemente alla loro cultura e lingua. Basta chiedere agli scozzesi come vedono gli inglesi, i catalani gli spagnoli, o gli ucraini i russi.

La maggioranza dei nostri imperi europei sono crollati da tempo, ma i rancori contro le antiche nazioni dominanti rimangono. La memoria collettiva risale lontano nel passato e plasma i nostri atteggiamenti nei confronti “dell’altro” anche laddove non c’è più conflitto visibile oggigiorno.

Considerate gli stati baltici d’Estonia, di Lettonia e di Lituania. Per secoli, furono occupati dall’impero russo e poi dall’Unione sovietica. Tanti russofoni da tutti gli angoli dell’ex impero si sono trasferiti lì e hanno fatto dei territori baltici la loro nuova casa. La russificazione degli autoctoni sin dal regno di Alessandro III (1845-1894) diventò la politica dello stato.[1] I valori culturali nazionali furono soppressi e quindi, la lingua russa, la cultura russa e i russi diventarono i vicini più odiati. La storia era ed è ripetuta in tanti contesti europei, e i conflitti diventano la realtà costante secondo la quale la società vive.

Ma questo è pure vero per le chiese. L’etnocentrismo e l’etno-confessionalismo sono gli ostacoli più grandi per la diffusione del vangelo in Europa oggi.[2]

Il compito della chiesa è di promuovere il regno di Dio e non i regni di certe maggioranze nazionali

L’unità promuove la conoscenza del Signore nel mondo, spiega Gesù in Giovanni 17:21. La discordia, invece, è la ragione per la quale la gente non vede la gloria di Dio fra i suoi discepoli.

Per secoli di conflitto europeo, le denominazioni maggiori di chiese si ritenevano nazionali, persino chiese di stato. I difensori della chiesa di stato soffocarono i gruppi etnici più piccoli. Non stupisce che questi gruppi etnici ricercarono un’identità religiosa diversa.

Tante divisioni denominazionali europee risalgono pure ai tentativi di stabilire il dominio di un identità nazionale singolare. L’unità forzata dallo stato e a spese della libertà di altri risulterà sempre ad una cultura di conflitto e di odio.

La chiesa da agente di riconciliazione

La chiesa di Cristo è l’agente di Dio della riconciliazione (2 Cor. 5:19-20). Non può mai essere un’appendice dello stato. Il suo compito è di promuovere il regno di Dio e non i regni di certe maggioranze nazionali. E nel regno di Dio, non ci sarà mai una concentrazione di sfondi etnici.

L’apostolo Paolo afferma ai galati: “Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù.” (Gal.3:28). Gesù è la nostra pace e ha fatto di quelli che sono lontani e di quelli che sono vicini un solo corpo (Ef. 2:14).

L’etno-confessionalismo è, biblicamente parlando, zona proibita. La chiesa è stabilita per riconciliare e non per dividere e promuovere il più forte politicamente parlando!

Ciò piazza la chiesa europea in una posizione speciale. In mezzo al conflitto e alle divisioni etnocentriche, cercheremo i modi di riconciliare la gente con Dio e a vicenda, e di portarli verso il regno di Dio. Stanley Hauerwas ricapitola i riferimenti alla pace e alla missione nel nuovo testamento rivendicando che i discepoli di Gesù non sono meno che “segni del regno di pace nel mondo”.[3]

Come questo può essere compiuto? Quali sono gli strumenti di riconciliazione effettiva? Come le persone che hanno accumulato odio per secoli possono perdonarsi a vicenda e stabilire nuovi modelli significativi di cooperazione? Cosa suggeriscono le scritture?

Riconciliare: il modo di Dio

Gesù è il riconciliatore radicale di Dio. È venuto per riconciliare il mondo con Dio, il padre (2 Cor. 5:18). E afferma i principi di riconciliazione radicale.

In primo luogo, Gesù afferma che la gente deve riconoscere la verità per essere libera (Giovanni 8:32). Nella riconciliazione, le due parti faranno ciò che il termine biblico catalasso (riconciliazione) suggerisce: discuteranno, identificando e re-identificando le questioni di ferite e d’ingiustizia fin quando si stabilirà una comprensione comune di ciò che è successo e fin quando le parti concorderanno.[4]

Senza conoscenza della storia, nessuna riconciliazione è possibile

Senza conoscenza della storia, nessuna riconciliazione è possibile. “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”, dice Gesù. La chiesa europea, da riconciliatrice di Dio, sarà mediatrice di un processo di ricerca della verità come prima tappa verso una coesistenza piacevole in Europa.

In secondo luogo, laddove la verità è conosciuta e convenuta, dove le vittime e gli autori sono identificati e l’ingiustizia rivelata, il mediatore potrebbe suggerire un processo di perdono.[5] È importante non paragonare le ingiustizie. Nessun peccato è più o meno grande dell’altro: ogni ingiustizia deve essere identificata e le persone devono chiedere perdono. E la perpetuazione, i modelli di privilegio e l’oppressione che perpetuano coscientemente o incoscientemente l’ingiustizia, devono essere identificate, come il vescovo Tutu lo afferma molto giustamente.[6]

L’ingiustizia collettiva e storica non è cosa nuova, e le persone coinvolte nel processo di riconciliazione possono non essere state coinvolte nel dolore e nella perpetuazione. Ma le vittime si sono identificate con le sofferenze del loro popolo, hanno accettato la ferita collettiva e hanno vissuto di conseguenza.

Sono quindi ammissibili per perdonare i successori degli autori, nello stesso modo in cui i successori sono ammissibili per chiederli perdono. Di certo, questa è una tappa di umiltà e di grazia. Entrambi sono doni di Dio. In Gesù, c’è libertà sia per l’umiltà sia per la grazia perché Egli è la nostra pace.

“Se dunque il Figlio vi farà liberi sarete veramente liberi”, Gesù dice su se stesso (Giovanni 8:36). Sia chiedere sia ricevere il perdono è un atto divino.

La confessione e il perdono vanno di pari.[7] Dovunque questo atto coinvolge la presenza di Gesù, il vero perdono è possibile, e la memoria negativa sarà trasformata in un esperienza preziosa dalla quale potremo tutti imparare.

La riconciliazione, tuttavia, non finisce quando i rivali si perdonano. La terza tappa è ugualmente importante: i rivali dovranno sviluppare un futuro comune, discutere delle possibilità e opportunità per lavorare per delle condizioni di vita migliori nelle loro comunità, nei loro paesi e oltre.[8]

Noi, europei, abbiamo bisogno di un idea di ciò che si può fare insieme e di come potrebbero essere le nostre relazioni positive. E i cristiani sono perfettamente preparati per trarre principi e pratiche dalla loro cultura del regno di Dio, la quale stabilisce uno spazio sociale significativo per vivere nell’unità apprezzando la nostra diversità. Le chiesa è effettivamente chiamata il corpo di Cristo. E niente è davvero più diversificato del corpo umano. Tutte le parti sono diverse, ma allo stesso tempo, tutte si servono a vicenda e stabiliscono quindi l’unità più potente sotto il sole (Ef. 1:23). Quindi, la chiesa deve insegnare questi principi alle nazioni. Questa è la sua chiamata divina (Matt. 28:19-20).

Johannes Reimer è professore di studi di missione e di teologia interculturale all’università di arte applicata di Ewersbach, in Germania, e direttore dell’azione pubblica per l’alleanza evangelica mondiale.


[1]Thaden, Edward C., ed.: Russification in the Baltic Provinces and Finland, (Princeton: Princeton University Press 2014), 58.

[2]Per saperne di più: Johannes Reimer: Dealing with Ethnocentrism in this Generation. In: European Journal of Theology, XXVI (2017) 26:2, 154-161.

[3]Stanley Hauerwas: The Peaceable Kingdom – A Primer in Christian Ethics. London: SCM Press 1984, 99.

[4]John W. DeGrouchy, Reconciliation: Restoring Justice. (Minneapolis: Fortress Press 2002), 51.

[5]John C.W. Tran: Authentic Forgiveness: A Biblical Approach. (Carlisle: Langham 2020), 2.

[6]Desmond Tutu: No Future without Forgiveness. (New York, NY: Doubleday 1999), 121.

[7]L. Gregory Jones: Embodying Forgiveness: A Theological Analysis. (Grand Rapids, MI: Eerdmans 1995), 102-103. Michelle Lebaron, Venashri Pillay: Conflict Across Cultures: 

[8]A Unique Experience of Bridging Differences. (Boston/London: Intercultural Press 2006), 144-146

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