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Apostoli di riconciliazione (2a parte)

In questa pausa di Natale, il Centro Schuman per gli studi europei ripubblica degli estratti del libro di Jeff Fountain ‘Chi ha vinto la pace?’ (prossimamente in italiano). Oggi, Jeff spiega continua con la storia d’un evangelista protestante che fu una persona chiave incoraggiando i dirigenti europei a ricostruire l’Europa in base al messaggio del Vangelo.

Più tardi, dopo aver sentito un resoconto della conversazione della cena (tra Schuman e Boucquey – vedere 1a parte qui), Buchman scrisse a Schuman, invitandolo di venire a Caux quell’estate, se possibile allo stesso momento di Konrad Adenauer. Entrambi gli uomini erano desiderosi di farlo.

Alla fine, i doveri politici impedirono entrambi d’incontrarsi a Caux nell’estate del 1949.

Di fatti, l’estate si rivelò scoraggiante e frustrante per Schuman, con delle riunioni sterili a Parigi sulla riunificazione tedesca. Tutti gli sforzi di muovere i suoi colleghi francesi verso l’idea di un Europa unita erano ostacolati da prospettive nazionalistiche o tradizionali.

Quando in quell’autunno, un altro invito per una cena arrivò da Louis Boucquey, stavolta per incontrare Frank Buchman, un Schuman piuttosto scoraggiato era grato di accettare l’opportunità.

Mentre gli ospiti della cena iniziarono a mangiare, Boucquey commentò sull’onore che lui aveva di ricevere questi due uomini insieme intorno al suo tavolo. Schuman rispose:

“Se ho contribuito a qualcosa per l’umanità, devo ammettere che la maggioranza del mio lavoro è stata distrutta o vanificata. Ma l’onorevole Buchman, perché ha concentrato i suoi sforzi su una sezione della vita umana –quella più importante – ha la gioia di vederli realizzarsi e diffondersi in tutto il mondo.”

“Gli statisti possono proporre dei piani profondi, ma non possono attuarli senza dei cambiamenti profondi nei cuori della gente.”

Voltandosi verso Buchman, egli continuò: “Questo è il vostro lavoro, ed è il tipo di lavoro che vorrei fare per il resto della mia vita.”

Mentre la conversazione procedeva intorno al tavolo, Schuman sentiva un legame crescente di fiducia con l’evangelista. Si voltò verso Buchman, chiedendo il suo consiglio su una questione.

Per anni, egli spiegò, aveva voluto uscire dalla politica e scrivere sulle lezioni della sua vita. Conosceva un monastero calmo con una libreria dove sarebbe benvenuto.

“Potrei fare il mio lavoro migliore lì. Ma cosa dovrei fare?”

Guardando il francese negli occhi, Buchman pausò e disse: “Monsieur Schuman, cosa lei pensa dovrebbe fare nel suo cuore?”

In un movimento, Schuman alzò le mani in aria, si appoggiò nella sua sedia e rise.

“Certo! So che devo rimanere dove sono!”

Poi diventò serio. Profondamente nel suo cuore, sapeva cosa doveva fare, egli confessava. Ma aveva paura.

Egli raccontò la sua infanzia ai confini del Lussemburgo, della Germania e della Lorena. Conosceva le mentalità dei francesi e dei tedeschi, cosiccome i loro problemi. Sapeva che aveva un ruolo maggiore a giocare per ponere fine all’odio tra le due nazioni.

“Ma ne sono molto intimidito”, egli ammesse.

Serenamente, Buchman gli disse che doveva rimanere dov’era. “Sotto Dio, questo è il vostro posto.”

Schuman continuò. “Non so di chi fidarmi nella nuova Germania,” aggiungendo che aveva appena incontrato Adenauer, che era diventato il mese prima il cancelliere della Repubblica federale di Germania appena fondata.

Buchman promise di dargli una lista di una dozzina di nomi: “Abbiamo parecchi uomini eccellenti a Caux!”

Schuman doveva visitare ufficialmente la Germania poche settimane dopo. “Li consulterò,” egli disse rassicurando Buchman.

La Hauptbahnhof (stazione) di Bonn era invernale e quasi deserta quando il treno arrivò il 13 gennaio 1950. Il comitato d’accoglienza composto di una persona solitaria vestita per proteggersi dal freddo non era altro che il Cancelliere Adenauer. Senza cerimonia, accompagnò in fretta Schuman ed il suo collega, Jean Monnet, verso la macchina che aspettava.

Mentre la macchina usciva dalla stazione, Adenauer si scusò per il modo brusco in cui l’accolse, ma spiegò che temeva un attacco contro il ministro degli Affari esteri. I sentimenti erano elevati contro il francese, egli spiegò, che era sull’orlo di assorbire il Saarland.

La risposta di Schuman, che aveva fede che la Germania e la Francia coopererebbero nel futuro sciolse notevolmente l’atmosfera nella macchina. 

Eppure questo non era proprio il contesto che Schuman aveva immaginato mentre parlava con Buchman d’incontrare i suoi ‘eccellenti uomini di Caux’. Schuman aveva ereditato il problema del Saarland da ministro degli Affari esteri, e continuò ad incancrenirsi come una ferita aperta. Se non fosse gestita con delicatezza, potrebbe infestare le relazioni franco-tedesche e ostacolare ogni altro sforzo per portare la riconciliazione e la cooperazione.

Il Saarland, la regione lungo la valle del fiume Saar, confinando la Lorena francese, era ricca di minerali e fortemente industrializzata; Con la Ruhr, era stata un centro maggiore della rivoluzione industriale, ed una fonte di munizioni per gli eserciti tedeschi sin dall’inizio dell’ottocento. Dopo la guerra, il Saarland era stato trasformato in un protettorato amministrato dalla Francia. Come in altre parti della Germania, i vincitori avevano sistematicamente smantellato l’industria potenzialmente minacciosa, causando spesso del rancore profondo a nome dei tedeschi.

Da vittime di tre invasioni tedesche in 70 anni, fortemente alimentate dall’industria del Saarland, i francesi si sentivano di avere un diritto morale sul territorio. I notevoli giacimenti di carbone rendevano il Saarland particolarmente attraente alla Francia, nell’ambito di nutrire le sue industrie di metallo dall’altra parte del confine, in Lorena.

Adesso la questione del Saarland sembrava di minacciare l’unica relazione personale sulla quale Schuman aveva iniziato a costruire le sue speranze, basata su un legame comune con un uomo di fiducia mutuale, Buchman.

Monnet constatò l’atmosphère glacée alla riunione di Bonn nelle sue memorie, ed avvertì Schuman che potevano essere sull’orlo di ripetere lo stesso errore con la Germania come dopo la Prima guerra mondiale. Questa visita particolare non risolvette niente per quanto riguarda il Saarland, anche se l’impressione indugiava con Adenauer che Schuman era aperto all’idea di restituire la regione alla Germania nel futuro. Adenauer descrisse più tardi la riunione come essendosi conclusa in un atmosfera di fiducia mutuale.

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman

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