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La sete spirituale d’una cultura di gioventù europea secolarizzata

Il consumismo, i media sociali e l’industria del divertimento plasmano la cultura dominante dell’Occidente ed oltre. La sua visione del mondo è radicata nell’umanesimo secolare, il quale rinnega l’esistenza di Dio. In quest’articolo, Luke Greenwood ci spiega come la chiesa può colmare questo divario culturale e raggiungere questa cultura.

Da Vista Magazine (edizione 34)

Uno studio pubblicato nel 2018 intitolato “I giovani adulti d’Europa e la religione”, dal professore britannico di teologia e di sociologia di religione, Stephen Bullivant, mostra una delle sfide più cruciali per la missione in Europa oggi.

In Repubblica Ceca, il 91 percento dei giovani adulti si categorizzano come non affiliati religiosamente, mentre nel Regno Unito, in Francia, in Belgio, in Spagna e in Olanda, tra il 56 ed il 60 percento dice di non andare mai in chiesa e tra il 63 ed il 66 percento dice di non pregare mai. Secondo Bullivant, tanti giovani Europei “saranno battezzati e non passeranno mai più l’ingresso di una chiesa. Le identità culturali religiose non si trasmettono semplicemente dai genitori ai bambini. Sfumano semplicemente”.

Youth for Christ[1] ha pubblicato un altro studio rivelatore, focalizzato sulla generazione Z (12-18 anni), mostrando che soltanto il 32% degli adolescenti britannici crede che c’è un Dio, e fra loro, soltanto il 18% sarebbe interessato a saperne di più. Questa è una realtà stupefacente che si presenta alla chiesa e alla missione.

La generazione urbana attuale, collegata dal consumismo, dai media sociali, e dall’industria del divertimento forma la cultura mondiale maggiore che possa esistere. Si spande dal Sudamerica, dall’Asia al Medioriente, possiede gli stessi valori, ascolta la stessa musica, guarda gli stessi film e condivide gli stessi messaggi.

Questa cultura mondiale è ampiamente influenzata da una visione predominante del mondo: l’umanesimo secolare. Dio è morto è noi siamo al centro. In questa cultura relativistica, siamo dei, ed il consumismo è la nostra religione. È una generazione che non cerca le risposte nella chiesa, perché crede che è una tradizione morta e vuota del passato. O Dio non c’è, oppure se esiste, non interferisce davvero nelle nostre vite.

Eppure, il Dio della Bibbia è in missione e il Suo cuore è spezzato per questa generazione perduta. Il messaggio del suo amore, il Vangelo, è per tutti, e non è giusto che i giovani di oggi non possano sentirlo perché lo rendiamo inaccessibile a loro. Da chiesa di Gesù, dobbiamo operare i cambiamenti necessari di mentalità e di stile di vita, e la necessità d’un cambiamento di paradigma per le missioni.

La speranza e le opportunità vengono mentre vediamo dei segni chiari di Dio all’opera, raggiungendo i cuori ed i pensieri di questa generazione. C’è una coscienza profonda presso i giovani di oggi che qualcosa manca. Questa generazione è spiritualmente affamata. È evidente quando sentiamo il grido risuonando attraverso la cultura pop ed i media sociali intorno a noi. 

L’artista rock alternativo, Florence Welch, ne parlava in un intervista televisiva sul suo album del 2018, High as Hope.[2] Descriveva la sua coscienza d’un amore bisognoso che aveva cercato di riempire. “Qualcosa fuori di me deve riparare questo… Sembra che posso fidanzarmi conla soluzione, posso bere o assumere la soluzione. … Quest’album è una costatazione di “Oh, non puoi!” Quando le fu chiesto di parlare del brano più noto “Hunger”[3], Florence spiegava: “Penso a qualcosa più grande dell’amore romantico. … La canzone è venuta in un certo modo da un idea: cosa stavo cercando che era fuori di me?”

È la domanda chiave che dovremmo porci tutti noi. La mentalità attuale predominante ci dice che non c’è niente fuori di quello che vediamo intorno a noi. Siamo stati educati per credere che tutto quello che abbiamo bisogno può essere trovato in noi stessi. Ma se siamo onesti, sappiamo che Florence ha ragione. Abbiamo bisogno di qualcosa di più grande.

La maggior parte di questa generazione mondiale è interessata dalla spiritualità ma non dalla religione istituzionale formale. Questo cambiamento nella cultura verso l’individualismo e la scelta personale ha cambiato il modo in cui la società prende Dio e la religione in considerazione. Definiamo il nostro sistema di fede e mischiamo delle credenze e idee affinché corrispondano alle nostre preferenze. La religione fa parte delle numerose opzioni e categorie nelle nostre abitudini di consumatori. Alla fine, ci ritroviamo con un sentimento preoccupante che nessuno sa più davvero a che cosa credere. 

C’è un divario culturale tra questa cultura di gioventù mondializzata e la chiesa. Ma colmare questi divari culturali è sempre stato nel cuore del movimento missionario. È stato modellato dall’incarnazione di Gesù, la missione di Paolo ai Greci, la missione di Hudson Taylor in Cina, e di tanti altri nella storia delle missioni.

Tradizionalmente, la missione significava recarsi in una terra distante per imparare una nuova lingua, mangiare del cibo strano e adattarsi alle culture straniere, ma verosimilmente, il campo missionario più grande oggi sono le nostre città dove viviamo. Dobbiamo praticare la stessa flessibilità ed adattabilità culturale per condividere Gesù nella nostra vicinanza in questo periodo in cui la nostra fede è stata respinta ai margini ed è ormai vista come estranea e peculiaredalla cultura intorno a noi.

L’insegnamento di Gesù sul sale e la luce ci dà un orientamento chiaro sul modo di essere nel mondo senza esserne parte. Gesù ci chiama ad essere distinti (sale che non ha perso il suo sapore) ed influenti (che la vostra luce brilli!). Il problema è che, a volte, noi la chiesa, siamo troppo salati. Siamo così tanto salati che nessuno può mangiare il cibo. Siamo così diversi che nessuno può capirci; sembriamo strano per il mondo intorno a noi. Avendo paura del mondo, ci rinchiudiamo nel ghetto e perdiamo la nostra pertinenza; non siamo influenti.

In altri casi, cadiamo nell’altro estremo. Diventiamo la chiesa pop, la chiesa hip, con una voce influente. La nostra luce brilla molto fortemente, ma abbiamo perso la nostra salinità. Diventiamo come il mondo intorno a noi. Perdiamo i nostri valori e la nostra identità, il nostro carattere distinto, la nostra focalizzazione sulla buona novella di Gesù. Questo cristianesimo commerciale è riempito di soluzioni rapidi e di risposte facili ma non ha potenza. Certi lo rigettano come essendo un prodotto sul mercato, mentre altri lo consumano ma non sperimentano un cambiamento reale. Dobbiamo smetterla di offrire un cristianesimo poco costosoad una generazione che è stanca del consumismo. Dobbiamo uscire dal ghetto e predicare nuovamente il messaggio autentico e radicale di Gesù.

L’opportunità missionaria è enorme qui, se siamo pronti a coinvolgerci e a parlare della verità sulla scena culturale di questa generazione urbana. Gesù ci chiama ad uscire dagli edifici di chiesa, per andare per le strade, nelle discoteche, nei festival e nei luoghi dove la gente ha bisogno di sentire la verità. Questa generazione può essere intrisa nel relativismo, ma c’è una fame spirituale profonda. Possiamo osservare la mentalità intorno a noi e l’apatia verso il cristianesimo ed aver paura di parlare, paura d’offendere. Ma se mostriamo alla gente chi è davvero Gesù, e la sua vittoria sulla croce, allora la potenza di Dio agirà e la gente vorrà conoscerlo. La solitudine e il bisogno sincero d’appartenenza e di vera comunità in questa generazione è un’altra opportunità per la missione oggi. Sappiamo tutti quanto possa essere difficile, specialmente per un giovane, di semplicemente entrare in una chiesa. Quindi, nello stesso modo in cui proclamiamo la verità con audace, dobbiamo essere ugualmente pronti a fare dei discepoli in questo contesto. Imparare a seguire Gesù deve iniziare nel contesto da dove viene la gente. È diventare ogni cosa per tutti gli uomini. Non solo Paolo andò presso i Greci per predicare Gesù, spese del tempo con loro, spesso anni. Visse in mezzo a loro e li mostrò cosa significava essere un Greco che seguiva Gesù.

Dobbiamo costruire dei ponti di discepolato, accogliere la gente nella comunità e nella relazione senza la formalità d’un programma. Un giovane credente imparando a seguire Gesù nel contesto da dove viene, imparando ad essere il sale e la luce per il mondo, diventa un missionario dal primo giorno, mentre continua ad essere coinvolto nel suo ambiente e nelle sue relazioni, portando altre persone alla fede.

Luke Greenwood

Direttore, Steiger Europe

Foto: Unsplash


[1]Gioventù per Cristo

[2]Alto come la speranza

[3]Faim

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