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Un intervista con Padre Ionut Mavrichi

Nel corso della Celebrazione della Giornata dell’Europa, Jeff Fountain ha intervistato Padre Ionut Mavrichi per scoprire quanto il simbolo niceno-costantinopolitano ha plasmato lo sviluppo del continente europeo.

            JF: Padre Mavrichi, lei ha descritto questo Simbolo niceno-costantinopolitano come facendo parte della sua vita da un’età molto giovane come possiamo immaginarlo. Com’è nato questo Simbolo e come ha plasmato l’Europa?

            IM: Prima devo dire che il primo ad aver recitato il Simbolo per me era mio nonno, quando promise di educarmi nella fede ortodossa. 

            JF: Al momento del suo battesimo?

            IM: Al momento del mio battesimo, circa quaranta giorni dopo la mia nascita. E quindi, ho confessato tramite mio nonno il simbolo sin dall’inizio della mia vita. Ma si, infatti, è stata un’affermazione di fede molto importante nella storia dell’Europa. Infatti, abbiamo un filosofo rumeno, Constantin Noica che non concordava con Spengler ad esempio, il quale piazzava l’inizio dell’Europa nel nord dell’Europa. Il vero inizio dell’Europa, affermava Noica, si trovava nel 325 d.C nel Concilio di Nicea. I Padri radunati nel Concilio iniziarono dalla rivelazione di Dio attraverso Gesù Cristo, dalla rivelazione delle Scritture, dalla testimonianza di fede data dai Padri apostolici e postapostolici. In un certo modo, riuscirono a radunare e a stabilire una formula comune di fede. Si, infatti, questa comprensione comune della nostra fede ha radunato l’Europa. E questo è stato il caso per oltre mille anni. Ma, come lo dice lei, l’integrazione del filioque ha portato a tante controversie molto interessanti.

            JF: Posso farle una domanda su questo punto? Perché so che in Europa orientale, la gente è stata educata con una coscienza di quel che questa frase, filioque, significava. Ma nell’Ovest, forse era conosciuta da una vecchia generazione, ma i nostri giovani oggi non hanno mai sentito parlare del filioque. Potete spiegare?

            IM: Si. Quindi, gli articoli di fede che sono stati aggiunti nel Secondo Concilio ecumenico , nel 381 d.C. a Costantinopoli, si riferivano alla persona dello Spirito Santo. Ed è da questa testimonianza che possiamo in realtà trovare nel Vangelo di Giovanni, dove è chiaramente detto che lo Spirito procede dal Padre, che i Padri del Concilio hanno introdotto quest’affermazione nel Simbolo. Quindi nella sua forma originale greca, possiamo infatti leggere che lo Spirito Santo, il Signore, colui che da la vita, procede dal Padre. Poi nel sesto secolo, per varie ragioni pastorali, la Chiesa occidentale decise di aggiungere due piccole parole: “Che procede dal Padre e dal Figlio”, in uno sforzo di provare a far chiaro che la persona del Figlio era pure Dio. Lo fecero perché fronteggiavano i Visigoti che erano stati cristianizzati nella forma ariana, che rinnegava la divinità di Gesù Cristo. Evidentemente, l’Est ha sempre rimproverato l’Occidente di aver aggiunto questa formula nel Simbolo che era stato universalmente accettato.

            JF: Quindi, era un’addizione che non era stata fatta con il consenso e con la consultazione, ma era soltanto un’addizione unilaterale.

            IM: Si, ma per essere giusto con questo soggetto, dobbiamo dire che, quando i Padri del Secondo Concilio ecumenico (Costantinopoli – 381 d.C.) avevano aggiunto gli articoli della fede, la Chiesa di Roma non era neanche consapevole della modificazione. E quindi, il Terzo Concilio ecumenico (Efeso – 431 d.C.) non menzionava il Secondo Concilio ecumenico e si riferiva solamente al Concilio di Nicea. Ma tutta la formula del Simbolo era stata universalmente accettata nel Quarto Concilio ecumenico nel 451 d.C (Calcedonia). Ovviamente, ci sono vari strati di teologia e di dibattiti molto complessi per quanto riguarda quest’addizione. Non possiamo discuterne qui, ma dobbiamo ammettere infatti che il filioque è stato invocato come essendo la ragione principale per il Grande Scisma e che è rimasto così per varie centinaia di anni. Quel che è interessante è che nel 1995, c’è stata una chiarificazione data dal Consiglio pontificale per l’Unità della Chiesa, chiamato dal Papa Giovanni Paolo II, che cercava di chiarire che questa formula, filioque, era in un certo modo coerente e non rinnegava la formula del Primo Concilio ecumenico. E questa era una tappa importante nel dialogo ufficiale tra le chiese per raggiungere in un certo modo l’unità. Tuttavia, è stata la formula che ci ha dato la struttura della nostra fede e che ha fatto dell’Europa quel che è. Anche se, quando guardiamo la mappa, ed in particolare le statistiche del Cristianesimo in Europa occidentale, potremmo essere un po’ delusi per il futuro. Ma come gli eventi recenti ci hanno dimostrato, siamo ancora sotto gli incantesimi delle cattedrali. E credo che c’è speranza. Come lo ha detto lei, la Chiesa sopravvive sempre attraverso pochi eletti o attraverso delle minoranze fedeli. Finché c’è fede, c’è speranza. Finché il Simbolo rimane nei nostri cuori, c’è speranza per il Cristianesimo in Europa.

            JF: Quindi, c’è un numero di fattori che hanno portato al scisma del 11° secolo, nel 1054 d.C.. Non era l’unico fattore. Una parte di questo era l’arrivo dell’islam, quando le città patriarcali di Gerusalemme, d’Antioca e d’Alessandria erano state perse dalla Cristianità. E quindi, avevamo ora una Cristianità polarizzata tra, diciamo, il Regno latino e l’Impero greco, e questo portò ad una lotta di potere. Quindi, anche se c’era una questione teologica, un litigio sullo Spirito Santo alla base, c’era anche tanta politica di potere che stava accadendo. Questo ha quindi portato ad una scomunicazione mutuale per 900 anni, fino a Vaticano II. E infatti sono andato in quell’ufficio del Consiglio pontificale per l’Unità della Chiesa e ho visto un’icona di Pietro e di Andrea che era un regalo della Chiesa orientale alla Chiesa occidentale, credo all’occasione di quel che lei parlava, perché qui erano due fratelli: Andrea rappresentando la Chiesa orientale e Pietro la Chiesa occidentale. Quindi, se guardiamo verso il futuro, capisco che Papa Francesco ed il Patriarca Bartolomeo hanno lanciato un appello per un nuovo Concilio di Nicea nel 2025, per il 1700° anniversario del Concilio originale di Nicea, come una tappa supplementare verso la guarigione di questa frattura. Ma lei può dirci qualcosa su questo: sarà troppo dire che questa frattura ha causato una linea di faglia spirituale che ha influenzato la storia politica, economica, sociale e spirituale dell’Europa per questi 900 anni?

            IM: Credo che è come dice lei. Esiste una teoria sociologica interessante chiamata ‘il teorema di Tommaso’. Se un gruppo di persone crede che una situazione è reale, la situazione diventerà reale nelle sue conseguenze sociali. Se i nostri Simboli sono diversi, ci comporteremo diversamente. La sociologia mostra inoltre che è più facile essere vicino ad una persona che ha dei valori fondamentali diversi di voi invece di essere vicino da una persona che condivide gli stessi valori ma con qualche leggera divergenza. Ecco perché abbiamo sempre percepito questa divergenza minore come essendo maggiore. Non so se Dio compirà l’unità della sua Chiesa nel corso delle nostre vite, chissà? Quel che posso dire è che se siamo dei veri Cristiani, se siamo veri di fronte alle Scritture, la divisione della Cristianità deve causarci dolore. Se non aspiriamo all’unità che Gesù aspirava nella sua preghiera, non siamo dei veri testimoni di Cristo. Ed ancora una volta, siamo aperti a questo passato cristiano dell’Europa. Tuttavia, vediamo anche un’Europa che cerca di reinventarsi rinnegando le sue radici cristiane. Speriamo di tornare ai nostri sensi da Europei perché non credo che siamo bipolari. Da cittadino europeo, non sono diverso da un non cristiano e quindi, credo che i miei valori dovrebbero essere rappresentati a livello europeo se siamo abbastanza forti nelle nostre convinzioni.

            JF: Ci troviamo ora in questo progetto europeo che ha, in un modo interessante, iniziato a radunare l’Est e l’Ovest. Siamo soltanto pochi anni dopo questa espansione improvvisa, in quel che è ora l’Europa dei 28 (o forse presto di nuovo 27… non siamo sicuri). Ma questo ci sforza in un progetto che parla di un unione sempre più avvicinata, non di stati, ma di popoli. Come possiamo crescere oggi nella comprensione mutuale, Est ed Ovest, quando abbiamo fronteggiato questa divisione di tanti sospetti e sfiducie per tanti secoli?

            IM: L’unica cosa che condividiamo è infatti il nostro passato cristiano comune, ma anche i nostri interessi economici. Dobbiamo riconoscerlo. Non è soltanto un’iniziativa storica. Ma credo che la lotta per testimoniare Cristo ci radunerà ancora. La scintilla iniziò a Parigi. Sia questa l’inizio della nostra coscienza.

            JF: Quando leggiamo questo Simbolo, possiamo tutti dire ‘Amen’ alle sue dottrine, eppure, come lo dice lei, siamo portati ad enfatizzare i punti di disaccordo. E quindi, per essere capaci di trovare i domini dove siamo d’accordo, questo è certamente un terreno sul quale potremmo crescere nella nostra comprensione mutuale e diventare più vicini da popoli. Questo è davvero il cuore di questo progetto europeo.

            IM: Infatti sì, ed è perché il vostro progetto è ugualmente molto necessario e benedetto. Dio benedica le vostre iniziative.

            JF: Grazie. E la citazione con la quale lei ha iniziato, che l’Europa iniziò davvero nel 325 d.C., è un punto molto interessante. Vale la pena rifletterci.

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