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Happy New Fear?*

Pubblicato il 14 gennaio 2013, questo pensiero della settimana di Jeff Fountain è il secondo di due articoli trattando cinque crisi minacciando l’Europa. Queste crisi essendo tuttora presente, vi proponiamo questi articoli questa settimana.

‘Merry Crisis and a Happy New Fear’* era un graffito infausto spruzzato su un muro ad Atene e citato da Jim Memory del Redcliffe College a Gloucester, alla Consulta delle missioni europee, della quale ho scritto la settimana scorsa.

Jim esponeva ai dirigenti britannici di missione, con un immagine sobria, quattro sfide maggiori che l’Europa stava attraversando, prima di aggiungerne una quinta che, secondo lui, potrebbe eclissare tutte le altre. La realtà severa era: cosa queste realtà significano per il modo in cui facciamo le missioni oggi?

La crisi di cui abbiamo parlato la settimana scorsa era il malessere economico che iniziò nel 2008, ma per il quale non esisteva una soluzione prevedibile. Per quelli fortunati di vivere nel Nord Europa, questo potrebbe assomigliare ad un disagio temporaneo che prima o poi sparirà. Ma per i nostri vicini del sud, le speranze che l’appartenenza all’Unione europea doveva essere un biglietto per la prosperità sono state frantumate, e ci sono poche prospettive positive per la giovane generazione.

Gli Europei aspettano il ritorno, non del Signore Gesù, ma della crescita economica. Ma tanti economisti credono ora che l’economia mondiale non può semplicemente continuare a crescere così. Non ci sono semplicemente abbastanza risorse energetiche perché l’economia possa continuare a crescere al tasso che ha fatto durante gli ultimi due secoli. 

Crisi politica

Jim ha abbozzato delle crisi in altre quattro sfere della vita e della società europea. Anche se intessuta con la crisi economica, la crisi politica aveva inoltre delle dimensioni non economiche. L’Unione europea ed i suoi predecessori (la CECA e la CEE) avevano supervisionato il periodo più lungo di stabilità politica ed economica nella storia europea moderna. La messa in comune dell’industria e del commercio avevano reso impensabile la guerra tra i suoi membri. Ma l’imposizione di un austerità rigorosa avevano aperto le porte a delle sommosse in Grecia ed in Spagna. L’euroscetticismo, i sentimenti anti Unione europea, il nazionalismo, il populismo, i movimenti d’indipendenza in Catalogna ed in Scozia (con altre regioni osservando attentamente) stavano tutti ostacolando la solidarietà per la quale l’Unione europea aveva combattuto.

Crisi sociale 

L’incitazione all’odio, la xenofobia e l’estremismo, dice George Soros, sono sintomi di una crisi sociale più profonda avvincente all’Europa. Gli Accordi di Schengen nel 1985, permettendo agli Europei del Nord di spostarsi verso il Mediterraneo, gli Europei dell’Est di migrare verso l’Ovest ed il Sud, i Polacchi verso il Regno Unito, i Rumeni verso la Spagna e l’Italia, avevano agitato delle tensioni culturali tra gli Europei.

Eppure più del doppio dei migranti erano arrivati da fuori dall’Unione europea, generando dei conflitti di valori come l’indosso del burqa in Francia. L’identità secolare europea non sapeva semplicemente come gestire le religione che rifiutava d’inginocchiarsi di fronte all’altare secolare, affermava Jim.

La demografia dell’Europa presentava un altro aspetto sconfortante di questa crisi sociale, con ogni Stato dell’Unione europea sotto il livello di sostituzione di 2,1 bambini per donna. Ci vorrebbe più immigrazione per sostenere la produzione; sempre più vecchie persone dovrebbero essere prese in carica da meno giovani.

Il consumerismo era ancora un’altra dimensione della crisi sociale. Jim poneva la domanda sullo scopo della vita per gli Europei odierni. Citava Zygmunt Bauman in risposta: “La pienezza del godimento del consumatore significa la pienezza della vita. Faccio shopping, quindi sono.” Questa domanda esistenziale non era soltanto sul futuro dell’Unione europea ma sul significato stesso della vita. Egli ammoniva che se l’inabilità di fare shopping era “lo stigma di una vita incompiuta”, allora la prospettiva di un futuro meno prospero dovrebbe avere un effetto devastante sulla fiducia et la sicurezza esistenziale degli Europei.

Crisi religiosa

La crisi religiosa d’Europa era nota per tutti noi. Per decenni, i sociologhi, i politici ed i giornalisti avevano scritto la necrologia della religione in Europa. Tanto del Cristianesimo istituzionale è stato scosso. Ma la religione ha ostinatamente rifiutato di lasciare il palco, suggeriva Jim. Questa era la prova che il paziente stava mostrando dei segni di ricovero, e che aveva ricevuto una trasfusione decisiva di sangue dal sud del mondo. 

Crisi ambientale

Molto di più potrebbe essere detto sulle radici spirituali e morali di tutto quanto riportato sopra, che Jim non aveva esplorato. Tuttavia, dietro all’angolo, egli vedeva una quinta crisi minacciando di eclissare le altre – la crisi ambientale.

Egli si domandava se dovremmo vederla non come una crisi ma come le tappe iniziali di una nuova fase nella storia europea, una nuova normalità. Il ciclo di pace e di prosperità del dopoguerra in Europa sarà forse arrivato alla fine. Ciò che ci aspetta potrebbe essere qualcosa completamente diverso dalle realtà ambientali, economiche, politiche, sociali e religiose odierne. La missione cristiana farebbe bene a prepararsi per questo.

Eppure, invece di subire una crisi, concludeva Jim, dovremmo vedere questo cambiamento nel futuro ambientale, economico, politico, sociale e religioso d’Europe come un opportunità di portare il messaggio di speranza in Cristo con una nuova passione ed una nuova fiducia.

* “Merry Crisis and a Happy New Fear” è un gioco di parole su ‘Merry Christmas and a Happy New Year” (Buon Natale e Felice Anno Nuovo) significando ‘Buona crisi e felice paura nuova.

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman

Per altri articoli di Jeff Fountain, visitate www.weeklyword.eu/it

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