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Paralisi mondiale

Quanto il mondo può cambiare in qualche giorno appena!

Mentre la gravità della situazione globale iniziava a diffondersi verso la fine della settimana scorsa, più governi hanno annunziato delle misure sempre più rigorose per combattere la diffusione del virus COVID-19. Le scuole, i ristoranti, i musei, le chiese, i concerti e le conferenze sono stati chiusi, annullati o fortemente limitati in una scala più globale, come non si è mai visto di memoria viva. (Dovevo essere ad un concerto della Passione di San Matteo mentre scrivo questo, se non fosse stato annullato.)

Anche se è più diffuso della tragedia dell’11 settembre, l’eredità del Corona a lungo termine farà più vittime e minaccerà più lavori mondialmente che l’evento che presumibilmente ‘cambiò tutto’, causando 3000 morti e 6000 feriti. Appena due mesi dopo che il virus fu identificato in primo luogo a Wuhan, una città cinese di circa 10 milioni di persone, della quale la maggioranza della gente non aveva mai sentito prima, oltre 160000 infezioni sono state segnalate (più della metà ormai guarita) e oltre 6000 morti.

Una delle prime vittime fu il dott. Li Wenliang, il cui post internet sul virus provocò un rimprovero ufficiale come essendo ‘un rumore di catastrofismo’. Anche se i rapporti ampiamente diffusi tramite i social media, che il dott. Li fosse cristiano, si sono rivelati falsi, il dottore di 34 anni era chiaramente una persona di integrità sacrificale e di professionalissimo.

Questa pandemia, come fu definita dalle Nazioni Unite mercoledì scorso, sta prendendo delle proporzioni apocalittiche e ci forza a cercare nei libri di storia per simili precedenti. Una tale ricerca rivela una storia lunga e intrecciata tra le piaghe e l’azione cristiana.

Vite a rischio

Oltre ai riferimenti biblici (le piaghe d’Egitto catalizzarono l’esodo e finalmente la nascita d’Israele; il Salmo 91 fu forse scritto in risposta alla pestilenza (v.3 e 6); Apocalisse 6:8 predice un’effusione di piaghe), la peste antonina del secondo secolo fece una vittima romana su quattro e accelerò la diffusione del cristianesimo. Lyman Stone, scrivendo per Foreign Policy, fa notare che ‘i Cristiani curavano i malati e offrivano un modello spirituale nel quale le piaghe non erano l’opera di dei arrabbiati e capricciosi ma il prodotto di un creato spezzato in rivolta contro un Dio d’amore’. I Cristiani offrivano bisogni di base, cibo e acqua, a chi era troppo malato per cavarsela da solo, e spesso rimanevano per offrire la loro assistenza mentre i pagani fuggivano.

Un secolo dopo, la peste di Cipriano, la quale porta il nome del vescovo (morto nel 258) che esortava i fedeli a raddoppiare i loro sforzi per prendere cura dei viventi, risultò in una crescita notevole del movimento cristiano, secondo l’autore Rodney Stark. Dionisio, un vescovo del terzo secolo, descriveva come i Cristiani ‘visitavano i malati senza dar pensiero al loro pericolo personale,… attraendo su di loro le malattie dei loro prossimi e prendendo volenterosamente il peso delle sofferenze di chi li circondava.’ L’imperatore pagano del quarto secolo, Giuliano (l’Apostata) (morto nel 363) si lamentava di quei ‘galilei’ che si curavano persino della gente malata non cristiana.

Nel corso del medioevo, i monaci e le monache, i frati e le suore, continuavano a mettere le loro vite a rischio ministrando ai malati durante una piaga, come i Francescani dipinti qui sopra.

‘Tentare Dio’

Dieci anni dopo aver pubblicato le sue 95 tesi, Martin Lutero doveva decidere se fuggire la peste bubbonica a Wittenberg dopo che l’elettore Giovanni esortò lui e altri professori a cercare rifugio a Jena. La sua risposta dettagliata a un pastore di Breslau (Wroclaw odierna in Polonia) chiedendo se fosse appropriato per un Cristiano di fuggire da una peste rivela le realtà che Lutero e i suoi contemporanei fronteggiavano. La risposta del riformatore era che chi aveva dei doveri civici e religiosi doveva riempirli, e questi, tramite la peste, diventavano ‘croci sulle quali dovremmo essere preparati a morire’.

Lutero incoraggiò pure i credenti a obbedire agli ordini di quarantena, a fumigare le loro case, e a essere cauti per evitare di diffondere la malattia. Tutt’altro era ‘tentare Dio’, mettere gli altri e noi stessi in pericolo, e quindi trasgredire il comandamento contro l’omicidio, suicidio compreso.

Geert Grote (morto nel 1384), orfano della peste quando aveva soltanto dieci anni, soggiacque alla peste dopo aver visitato un membro malato del movimento di rinnovo che aveva iniziato, i Fratelli della Vita comune. Un installazione audiovisuale in una cantina della Geert Grote Huis (casa Geert Grote) di Deventer, in Olanda, un museo dedicato alla storia del movimento, è una delle quattordici mostre nella città descrivendo le stazioni della croce durante la quaresima. La stazione cinque (Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce)mostra tre immagini video su tre schermi diversi, filmate da una macchina circolando nella campagna francese, fermandosi presso croci di bordo strada. Quando il motore si ferma, i suoni della campagna riempiono la cantina ed invita alla riflessione. (Purtroppo, il museo e l’esposizione sono stati chiusi dalle restrizioni).

Mentre il mondo entra in paralisi, un silenzio misterioso rimpiazza il trambusto normale della vita quotidiana. Ci ritroviamo confrontati con questioni di vita e di morte, di relazioni e di senso, di sacrificio e di valori, di comunità e di auto-isolamento.

Cosa potrebbe significare per noi portare la croce durante questa quaresima?

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman

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