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La nostra eredità cristiana può ancora ispirare il progetto europeo? (1a parte)

Scoprite il discorso di punta del Dr Teodor Baconschi nel Forum sullo stato dell’Europa il 9 maggio 2019 a Bucarest.

Viviamo in tempi che dovrei qualificare d’’amnesia organizzata’ sulle radici cristiane, non solo della nostra storia comune, ma anche del valore del progetto europeo di sessant’anni fa come lo conosciamo. Di conseguenza, consentitemi di esprimere qualche osservazione nel contesto del nostro raduno di questa sera.

Ma innanzitutto, vorrei indirizzare i miei ringraziamenti personali alla Sua Beatitudine per averci ricevuto. Questa pure è una dichiarazione pro-europea da parte della testa della chiesa ortodossa rumena, che è molto importante per il nostro contesto attuale regionale, con tutto quello che succede quando guardiamo verso est: la Russia, la Crimea, l’Ucraina, ecc.

Credo che sottovalutiamo l’importanza della religione mentre forgiamo un destino europeo comune. Faccio parte dei critici del secolarismo radicale, un fenomeno che, secondo me, può parzialmente spiegare la crescita dell’euroscetticismo in tutto il vecchio continente. In effetti, senza radici cristiane, l’Unione europea non rappresenta niente di più di un quadro burocratico sovrannazionale, rispetto al quale un numero crescente di stati nazioni europei si sentono allontanati. Indipendentemente dal fatto che i cittadini europei ed i loro rappresentanti cercheranno a rianimare il concetto gaullista di “un’Europa delle Nazioni” o ad andare avanti verso una configurazione federale, il bisogno di riaffermare l’eredità del cristianesimo come parte integrante dell’immaginario pubblico europeo è pressante.

Dopo la prima guerra mondiale, l’Europa si è ritrovata sorpassata dal nihilismo e dal totalitarismo, una deriva identitaria che anticipò e che, forse, precipitò la seconda guerra mondiale. Non dimenticare che sia il nazismo sia il comunismo erano fondamentalmente opposti al cristianesimo. Era soltanto dopo il 1945 che l’Europa si era riconnessa con la sapienza profonda generata dall’esperienza cristiana, annunciando così il più lungo periodo di pace e di prosperità nella storia del nostro continente. Credo che è il nostro dovere di rivisitare costantemente le circostanze che hanno trasformato il sogno di un Europa unita in realtà.

Il progetto europeo è stato sia concettualizzato sia messo in pratica da cristiani cattolici e protestanti. Nonostante le loro divergenze, tutti condividevano un impegno forte verso la democrazia e l’atlantismo, cosiccome un risentimento comune nei confronti del fascismo e del comunismo. La dottrina democristiana, che era ispirata, come lo sappiamo tutti, dalla dottrina sociale della chiesa cattolica, sbozzava l’immagine d’un Unione europea libera e piacevole, la cui esistenza non pregiudicherebbe le sovranità nazionali, ma le unificherebbe invece sotto il principio di sussidiarietà. Durante la guerra fredda, i paesi europei occidentali hanno rafforzato i loro legami con gli Stati Uniti, giustificando la loro adesione alla NATO in base ai loro valori etici e sociali, che erano pienamente compatibili con quelli della tradizione cristiana. 

Contrariamente alle credenze popolari, l’URSS aveva tanti alleati nell’occidente. Una parte importante d’intellettuali francesi, tedeschi o italiani ammiravano Stalin e stimavano altamente i principi del marxismo. Tuttavia, le loro opere pubblicate non raccontavano mai il terrore solitario dei gulag sovietici. Quando fu arrivato in occidente, Aleksandr Solženicyn fu trattato con sospetto. Trovò finalmente rifugio in una modesta casetta nelle profonde foreste del Vermont. Sotto il pretesto di pacifismo, tanti simpatizzanti dell’URSS, che erano finanziariamente sostenuti dai partiti comunisti europei, sviluppavano una retorica anti-imperialistica. Il maoismo ed il trotskismo fornivano un quadro concettuale per la maggioranza delle manifestazioni studentesche di maggio 1968 – lo stesso anno che le truppe del Patto di Varsavia reprimevano con le forze armate le proteste di massa svolte in Cecoslovacchia.

Tuttavia, l’identità culturale dominante dell’occidente nella seconda metà del ventesimo secolo rimaneva profondamente marcata dal liberalismo e dal conservatorismo. La caduta morale ed ideologica del regime sovietico fu precipitata dall’azione decisiva di tre personalità politiche, cioè Ronald Reagan, Margaret Thatcher ed il Papa Giovanni Paolo II, ai lati del cancelliere tedesco Helmut Kohl, che era anche responsabile per la riunificazione della Germania. 

Karol Wojtyła oppose il comunismo sin dall’inizio della sua carriera, quando serviva da Arcivescovo di Cracovia. Dopo esser diventato Papa, riuscì a persuadere tutti gli stati firmatari degli Accordi di Helsinki, compresa l’Unione sovietica, ad accettare l’inclusione della libertà religiose nella lista dei diritti umani fondamentali. La pertinenza di quest’aggiunta non era soltanto simbolica, ma anche pratica, dato che offriva alle democrazie europee una leva diplomatica potente che potevano usare per combattere l’oppressione sovietica. Difatti, la pressione per salvaguardare i diritti religiosi dei cittadini e delle comunità nell’URSS riuscì ad erodere il sistema cosiccome l’iniziativa della ‘Guerre stellari’ del Presidente Reagan. In un tentativo disperato di rivaleggiare con gli Stati Uniti, l’Unione sovietica si è verosimilmente rovinata con le spese militari eccessive, ma anche dopo la dinamica interna di potenza dell’OSCE: anche se i Sovietici credevano che la firma degli Accordi di Helsinki li avrebbe permesso di mantenere lo statu quo di bipolarismo mondiale, pregiudicò alla fine il loro proprio potere.

Anche se il rinascimento dell’Europa occidentale fu alimentato dai valori d’ispirazione cristiana di solidarietà e da una concezione personalista dei diritti umani, diede anche il via allo sviluppo di società estremamente consumeristiche e mediatizzate, nelle quali il liberalismo ed il secolarismo diventarono intimamente associati. Difatti la pratica religiosa regolare declinava costantemente, mentre il positivismo scientifico e l’anticlericalismo si erano sparsi ad un ritmo ricordando quello del diciannovesimo secolo. Tra il 1945 ed il 1989, l’occidente ha coltivato in effetti un sentimento sempre più ampio d’autonomia sociale e culturale, ponendo le fondazioni per una forma più sviluppata di revisionismo storico autocritico che era nutrito sia dalle realtà della decolonizzazione che da una pletora di movimenti di diritti civili che sono emersi nei decenni precedenti. 

Il futuro diventò definito in opposizione al passato. Nessuno dogma o tabù aveva sufficientemente senso per contestare la ricerca utopica di libertà illimitata. Il concetto francese della laicità, che si era sparso in tutta l’Europa occidentale, toglieva la religione dalla sfera pubblica a nome della neutralità confessionale dello stato. Il secondo concilio del Vaticano ha pure contribuito alla riconcettualizzazione dell’obiettivo istituzionale della chiesa – dato che era proposto che la chiesa doveva essere principalmente vista come fornitore di servizi di beneficenza e promotore della solidarietà sociale, un fatto che, in modo implicito, e forse inavvertitamente, silenziava la sua dimensione trascendentale.

(La seconda parte verrà pubblicata la settimana prossima)

Dr Teodor Baconschi

Ex ministro rumeno degli affari esteri ed ex ambasciatore della Romania presso il Vaticano, il Sovrano ordine militare di Malta, la Repubblica di San Marino, la Francia, Monaco, Andorra ed il Portogallo

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