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Europa : gli ultimi 25 anni

Quest’anno, l’Europa commemora i 30 anni di una serie d’eventi portando alla fine della guerra fredda. In questa occasione, il Centro Schuman pubblica un’articolo d’un edizione speciale del periodico Vista per i 25 anni della fine della guerra fredda cinque anni fa (vedi Vista – edizione 19).

All’inizio degli anni 80, quando diventavo più consapevole della politica mondiale e regionale, quella europea era dominata da questo muro apparentemente inespugnabile separando l’est dall’ovest e da questo vasto impero dell’URSS, il cui esercito era concentrato dietro questo muro. Cosiccome tante altre case all’epoca, la nostra aveva ricevuto un fascicolo precisando quel che si doveva fare in caso d’attacco nucleare. Mi ricordo aver letto che dovevo proteggermi sotto le scale o mettere un secchio sulla testa (o qualcosa con lo stesso effetto).

Poi, Gorbaciov diventò dirigente dell’Unione sovietica nel 1985 e tentò di ridurre le tensioni con l’occidente e di introdurre delle liberalizzazioni politiche in URSS. Siccome i governi comunisti si sbriciolavano nell’anno 1989, e che la riunificazione della Germania nel 1990 diventava inevitabile, la Guerra Fredda cessò. Condividevo la stupefazione, l’incredulità e la gioia di tanti, mentre guardavamo sui nostri schermi televisivi il Muro di Berlino smantellato fisicamente.

fonte: Wikipedia Commons

Ho ormai vissuto la metà della mia vita dopo questi cambiamenti politici, economici, sociali e religiosi inaugurati dagli eventi della fine degli anni 1980 e dell’inizio degli anni 1990. Tanti fra questi cambiamenti sono stati benefici e benvenuti.

Tuttavia, la crisi economica e politica del decennio dell’inizio del ventunesimo secolo spinge il bisogno di una nuova valutazione del ruolo e del contributo della fede cristiana che la Buona Novella di Gesù Cristo può fare in Europa contemporanea. Desidero qui sottolineare certi sviluppi significativi dell’ultimo quarto di secolo e rivedere certi sviluppi ecclesiali e missionari in quel periodo.

Idea di nazione, indipendenza ed etnicità

Dei conflitti armati hanno devastato l’ex Jugoslavia in un periodo di otto anni, dal 1991 al 1999, provocando la morte di circa 140.000 persone cosiccome la perdita sostanziale d’infrastrutture. Le aspirazioni nazionalistiche antagoniste e le tensioni etniche alimentavano queste guerre. Anche se le ostilità armate nei Balcani si sono finalmente concluse con la fine della guerra del Kosovo nel 1999, le tensioni regionali rimangono.

Quando l’Unione europea ha esteso le sue frontiere con l’adesione di nuovi stati membri nel 2004, nel 2007 e nel 2013, i paesi dell’Unione europea sono stati sforzati di fronteggiare le realtà di popolazioni sempre più diverse. Questo continua a nutrire tensioni etniche e nazionalistiche che alimentano i movimenti ed i partiti politici euroscettici, che assicurano il loro sostegno ai tipi d’estremismo politico puntando alle minoranze etniche, e che diventano sempre più resistenti a particolari gruppi d’immigranti.

Ovviamente, l’aspirazione dell’idea di nazione e di autodeterminazione non è sempre maligna come nel caso della Slovacchi e della Repubblica ceca, e del ‘Divorzio di Velluto’ tra i territori costitutivi dell’ex Cecoslovacchia. Nel caso della Scozia, questo ha generato un impulso sufficiente per un referendum (infruttuoso) sull’indipendenza nel 2014 e continua ad agitare il desiderio d’indipendenza in Catalogna e in altre regioni di Spagna, resistiti sistematicamente dal Governo federale spagnolo.

Nuove forme d’alleanze politiche

Con le espansioni del 2004, del 2007 e del 2013, l’Unione europea è passata da quindici a ventotto stati membri. Undici di questi nuovi stati membri erano sotto l’egemonia dell’URSS venticinque anni fa. Quattro altri ex territori del blocco sovietico sono paesi candidati formali oppure hanno uno statuto di candidato potenziale (l’Albania, la Macedonia, la Bosnia Erzegovina ed il Kosovo) e due (il Montenegro e la Serbia) stanno trattando una tabella di marcia in vista dell’adesione.

L’ex URSS fu rimpiazzata dalla Comunità degli stati indipendenti (CEI), diretta dalla Federazione russa e attraverso la quale difende i suoi interessi mantenendo dei legami ravvicinati con i russi etnici o con titolari di passaporti di lingua russa in quel che menziona spesso come i suoi ‘stranieri vicini’. La presenza di russi etnici in Georgia ed in Ucraina offre una giustificazione alle rivendicazioni di Mosca di proteggere i russi vivendo sul territorio ucraino in Crimea o di controllare gli ex territori georgiani dell’Ossezia del Sud o dell’Abkhazia. La Moldavia è ugualmente vulnerabile sotto questo aspetto, avendo una popolazione russa etnica nella regione della Transnistria, ad est del fiume Dnestr e confinando l’Ucraina. Anche se i tre stati baltici hanno ugualmente delle popolazioni russe etniche, possono avere la protezione relativa dell’appartenenza alla NATO. 

Aumentare la diversità culturale e religiosa

I cittadini della maggioranza degli stati dell’Unione europea hanno il diritto di viaggiare, di risiedere e d’avere delle attività professionali in tutti gli stati membri dell’Unione europea. Tuttavia, questo viene alle spese di controlli rigorosi ai confini per certi. I migranti cercando rifugio e asilo lo sperimentano quotidianamente quando tentano di entrare nell’Unione europea senza documento adeguato.

La presenza d’immigranti documentati e non documentati in Europa ha accelerato la sua diversità culturale e religiosa ed incitato nuove strategie e risposte politiche. Nella metà degli anni 2000, dei politici europei iniziavano ad annunciare la scomparsa del multiculturalismo. Insieme a questo era una nuova enfasi sull’”interculturalismo”, che promuoveva un approccio più intenzionale per l’integrazione dei migranti attraverso politiche sostenendo l’acquisizione della lingua, l’accesso all’educazione e al mondo del lavoro, e la promozione dei valori nazionali o europei (valutati in modo formale in certi paesi).

Con la diversità culturale è venuta la diversità religiosa ed una sensibilità europea crescente verso l’islam e le sue forme più radicali. Gli anni 1970 secolari non hanno ben preparato l’Europa per la vitalità religiosa che poi diventò troppo manifesta alla fine degli anni 1990 e dopo. La convinzione religiosa era implicita in vari conflitti nei Balcani con, ad esempio, i Serbi ortodossi combattendo contro i Bosniaci musulmani e contro i Croati cattolici. L’uso di etichette religiose non è convincente per la maggioranza dei teologi e degli insegnanti religiosi, ma la loro adozione da vari movimenti è stata notevole nella creazione e nell’alimentazione d’un identità e d’uno scopo coinvolto, specialmente laddove sono destinati alla ricerca della violenza.

La Chiesa e la missione in Europa

Nel corso degli ultimi venticinque anni, ho notato una rivalutazione prudente dell’euforia evangelica che era manifesta all’inizio degli anni 1990 in Europa centrale ed orientale. Sembrava che la chiamata alla conversione era: “Pentitevi, credete, siate battezzati, e mandate un carico di Bibbie, di vestiti per bambini, ecc. in Romania!” Questi primi anni hanno visto un apertura inedita al Vangelo, alle nuove libertà religiose, e ad una pletora di ministeri d’impianto di chiese, di distribuzione di Bibbie e di letteratura, di ministeri sociali e d’iniziative evangeliche. Questo era rafforzato con l’arrivo di un gran numero di missionari dagli Stati Uniti, dalla Corea e da varie agenzie missionari d’Europa occidentale. Dei partenariati efficaci hanno portato allo stabilimento di tante congregazioni evangeliche locali in certe parti d’Europa.

Tuttavia, la presenza di missionari non era senza tensioni. La loro presenza era mal accolta quasi all’unanimità dalle chiese tradizionali (ortodosse e cattolica) e non raramente da chiese evangeliche esistenti che avevano sperimentato la perdita d’ex membri attivi per delle chiese non indigene ben finanziate e con buone risorse dall’occidente.

L’attività missionaria degli anni recenti è diventata più sensibile al contesto locale. L’impianto di chiesa dall’occidente ha perso il suo fascino e il suo carattere innovativo. Approcci durevoli e a lungo termine sono visti come essendo più adeguati. Ci sono pure degli esempi innovanti di cooperazione evangelica con le chiese tradizionali, notevolmente tra le società missionarie, ad esempio con il CMS britannico o l’EMW tedesco e agenzie quali la World Vision.

Prendendo sul serio il loro ingaggio missionario in Europa, ci sono pure chiese ed individui cristiani che capiscono il bisogno di coinvolgere la loro visione cristiana del mondo con i corridoi ampiamente secolari dei poteri politici, economici, culturali, sociali ed educazionali. L’Unione europea richiede ormai di servire e di rispecchiare gli interessi di ventotto nazioni. Tante fra di loro sono ben più ‘non secolari’ rispetto alle ‘quindici sorelle’ del prima 2004. Ingaggiarsi con le istituzioni europee non sarà tuttavia senza problema per le persone di fede ma apre almeno la possibilità di reintrodurre i popoli d’Europa in un resoconto convincente e persuasivo della fede cristiana e della testimonianza che da della Buona Novella di Gesù.

Darrell Jackson

Professore associato in missiologia, Morling College, Sydney.

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