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Dio e Cesare – 1a parte

Tratto dal libro di Jeff Fountain Deeply Rooted. Il libro sarà pubblicato prossimamente in italiano.

Senza che Schuman lo sapesse, altre persone in isolamento stavano cogliendo l’opportunità per studiare, pensare, sognare e preparare gli anni del dopoguerra.

Già nel 1933, Konrad Adenauer, quando fu destituito dal posto di sindaco di Colonia da Hitler dopo aver rifiutato di issare la bandiera nazista, trovò rifugio per un anno nell’Abbazia Maria Laach, conosciuta anche da Schuman. Trascorse la maggior parte del suo tempo nella clandestinità rileggendo e studiando le stesse encicliche papali che avevano formato così tanto il pensiero sociale di Schuman.

Mentre era prigioniero di guerra in America, Walter Hallstein, un protestante tedesco, studiò il federalismo americano. Diventerà più tardi il primo presidente della Comunità economica europea.

Altre persone servendo a Londra nei governi in esilio del Belgio, dei Paesi Bassi, della Francia e della Polonia cercavano pure delle opzioni lavorabili per il futuro. Invariabilmente, queste includevano dei compromessi tra la sovranità nazionale e la cooperazione internazionale.

Schuman aveva avuto tanto tempo per frugare tra le tante visioni ed i numerosi piani proposti per l’Europa nel corso dei secoli, chiedendosi dove le cose erano andate storte, e cercando di applicare l’insegnamento ed i principi cristiani per delle soluzioni concrete. 

Ad esempio, William Penn nel seicento, aveva proposto un Concerto d’Europa, ideando pure una sala di riunione ovale con nessuna poltrona dirigente, ed insistendo che la Turchia aveva una poltrona intorno al tavolo. L’abate di Saint-Pierre ed Immanuel Kant nel settecento, ed altri visionari nell’ottocento, avevano suggerito delle forme d’unione politica per le nazioni d’Europa.

Lord Acton aveva insegnato che il federalismo proteggeva le minoranze e difendeva contro gli stati prepotenti, con la capacità “d’estensione illimitata” a livelli europei e mondiali. Il suo contemporaneo, il professore Sidgwick, aveva visto il federalismo europeo come “la profezia più probabile”.

Albert Einstein, ai tempi della prima guerra mondiale, aveva sostenuto l’idea di un unione europea sovranazionale. Un Unione paneuropea era stata enunziata negli anni 1920 dal conte Richard Coundehove-Kalergi, autore di Paneuropa. Aristide Briand, il predecessore di Schuman in qualità di ministro degli affari esteri all’epoca della Società delle Nazioni, aveva pure proposto “un tipo di legame federale” fra gli stati europei.

Eppure nessuna di queste proposte aveva preso qualsiasi forma concreta.

Nel 1930, Winston Churchill aveva scritto nel Saturday Evening Post a proposito di “Stati uniti d’Europa”, nei quali i cittadini europei potevano identificarsi da francesi, olandesi, tedeschi e spagnoli, cosiccome da europei e cittadini del mondo.

Più tardi, anche quando i tedeschi stavano invadendo la Francia nel giugno del 1940, il Primo ministro Churchill aveva presieduto una riunione notevole di gabinetto per considerare un piano per un unione politica “indissolubile” con la Francia. Due nazioni diventerebbero una; un solo gabinetto di guerra sovrintenderebbe tutte le forze armate; la cittadinanza potrebbe essere condivisa. Una macchina motrice di questo piano era Jean Monnet, nominato dai primi ministri, sia di Gran Bretagna sia di Francia all’inizio della guerra, per coordinare l’acquisto di armi internazionali.

In uno stile tipicamente churchilliano, il primo ministro aveva arrotondato la sua presentazione della proposta con un fiducioso “e quindi conquisteremo”, seguito da un unanimo “Hear! Hear!” (“Bravo! Bravo!”)

Lo storico Arnold Toynbee era uno di tanti britannici illustri sostenendo un unione federale. Il suo studio della storia lo ha indotto a concludere che la Gran Bretagna dovrebbe federarsi al contesto d’Europa. “Lo spirito di nazionalità è un fermento aspro del nuovo vino di democrazia nelle vecchie bottiglie del tribalismo,” aveva argomentato. Una nuova età stava sorgendo, nella quale gli stati esistenti sarebbero visti come “parrocchiali e subordinati”.

E per quanto sorprendente possa sembrare al lettore moderno, The Manchester Guardian, The Times, ed il New Statesman erano pochi fra tanti giornali che sostenevano l’unione federale con la Francia, insieme a personalità pubbliche come il scienziato Julian Huxley e l’arcivescovo William Temple. Anche l’ultranazionalista de Gaulle diede il suo sostegno al piano, però ovviamente non con motivi federalisti.

Ma era troppo tardi. Mentre il primo ministro francese Reynaud voleva accettare l’offerta di Churchill, il suo gabinetto scelse la capitolazione. 

Reynaud diede le dimissioni. Pétain salì al potere.

Ah, Pétain! Quanto aveva voluto Schuman, con la sua reputazione di affidabilità ed onestà, per conferire rispettabilità al suo gabinetto! Il maresciallo aveva ancora un posto per lui. Invece, l’affidabilità ed l’onestà erano ciò che impedì Schuman di lavorare con un collaboratore.

Il cattolicesimo di Pétain era reazionario ed intollerante verso quelli di altre persuasioni. La devozione personale di Schuman era verso il Dio e Padre di tutti gli umani, di tutte le razze e di tutte le nazionalità, il cui Figlio era morto per tutti.Qui era la base della tolleranza e dell’uguaglianza respinta da Pétain. Le implicazioni politiche erano profonde. Si, Schuman capiva la differenza tra i domini della chiesa e dello stato. Il ruolo della chiesa non era d’ingaggiarsi direttamente nelle questioni e nei processi politici dello stato, un errore spesso ripetuto in epoche passate. “Il cristianesimo non deve integrarsi in un sistema politico; non deve essere identificato con qualsiasi forma di governo, per quanto democratico possa essere” egli scrisse. “Dobbiamo distinguere tra quello che appartiene a Cesare e quello che appartiene a Dio”.

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman


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