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L’arresto e la fuga di Schuman (3a parte)

Tratto dal libro di Jeff Fountain Deeply Rooted (1a parte qui, 2a parte qui). Il libro sarà pubblicato prossimamente in italiano.

Il progresso delle forze tedesche invadendo la Francia nel maggio del 1940, e spazzando tutto intorno “all’inespugnabile” Linea Maginot, costrinse ondate di profughi a dirigersi dalla Lorena verso ovest. Schuman era stato attratto nel governo diretto all’epoca dal Paul Reynaud. Da Sottosegretario per i profughi, il suo compito era di fornire cibo, rifugio e cura medicale ai suoi concittadini della Lorena.

Dopo il 14 giugno, quando le truppe tedesche entrarono a Parigi, Reynaud diede le dimissioni ed il governo francese fu forzato di firmare un accordo d’armistizio con gli invasori. L’eroe della prima guerra mondiale, il Maresciallo Pétain diventò il nuovo Capo di Stato, all’età di 84 anni, accettando di dare alla Germania nazista il nord e l’ovest del paese, Parigi compresa, ma lasciando il sud e l’est non occupato. Il centro amministrativo del nuovo governo fu traslocato nella città termale di Vichy, nella regione centrale vicino a Clermont-Ferrand, a 300 chilometri a sud di Parigi.

Era chiaro per Schuman che Pétain era il fantoccio di Hilter, e rifiutò di accettare qualsiasi incarico nel nuovo regime. Il vecchio maresciallo assunse presto i poteri quasi assoluti. Li usò per smantellare gli ideali repubblicani di ‘libertà, uguaglianza e fraternità’ a favore di una ‘gerarchia sociale’. La Francia di Vichy fu velocemente ridotta in uno stato cattolico autoritario, paternalistico, anti-internazionalista e reazionario, nel quale gli avversari erano regolarmente incarcerati.

Nel frattempo, Schuman raggiunse un piccolo gruppo di profughi tornando in Lorena, adesso occupata dai tedeschi. Voleva essere testimone in prima persona delle condizioni lì per poi riportarle al governo. Più urgentemente, voleva distruggere qualsiasi corrispondenza incriminante che potrebbe compromettere i suoi contatti tedeschi.

Arrivato a Metz, passò l’estate a difendere risolutamente la popolazione locale contro gli occupanti. Quando arrivò l’autunno, Schuman previde di tornare a Parigi.

Questi piani furono improvvisamente interrotti quando la Gestapo l’arrestò. Fu il primo membro francese del parlamento a patire questa indegnità.

Sette lunghi mesi di reclusione solitaria seguirono, ‘attenuati’ soltanto da sessioni di severe ispezioni. La similarità del suo passato e delle sue convinzioni con quelle di Adenauer non passarono inosservate. I suoi interrogatori cercarono di interpretare che la visita di Schuman a Colonia nel 1932, dove Adenauer era il sindaco, era una prova che i due uomini erano in un contatto di cospirazione. In realtà, non si erano più incontrati prima della fine della guerra.

La visita di Schuman in Austria nel 1938, quando aveva incontrato tanti cittadini illustri spodestati da Hilter, era pure il soggetto d’ispezioni prolungate.

Poi il nuovo Reichskommissar, Josef Bürknel, arrivò. La sua reputazione di ‘autocrate brutale ed efficiente’ fu acquisita da Kommissar in Austria dopo l’Anschluss. 

Bürknel aveva dei piani per il suo prigionero di lusso. Fu trasferito in detenzione domiciliare sotto vigilanza della polizia a Neustadt in Renania, cospirando di ‘trasformare’ Schuman, coi suoi numerosi ammiratori in Lorena, in sostenitore del regime nazista. Questa strategia aveva spesso funzionato in Austria.

Il Reichskommissar sondò per trovare delle debolezze e dei motivi per un ricatto. Cercò di costringere il suo prigioniere a cooperare minacciando di mandarlo a Dachau, il temuto centro di concentramento vicino a Monaco di Baviera.

Da stretto collaboratore del capo SS Heinrich Himmler, Bürknel era senza dubbio bene informato sulla politica della ‘Soluzione finale’ di sterminio degli ebrei d’Europa. In Austria, Bürknel aveva introdotto delle misure antisemitiche per dirottare le fortune ebree nelle casse naziste.

Certi hanno sopposto che durante queste sessioni d’interrogazione, Bürknel si fosse vantato dei suoi poteri assoluti sugli ebrei d’Austria per intimidire Schuman, divulgando dei dettagli del genocidio in corso all’epoca.

Bürknel cercò di convincere Schuman con offerte di alto carico. Chiese al suo prigioniero di scrivere un articolo su qualsiasi tema che sarebbe stato pubblicato in tedesco. La sola comparizione di un articolo sotto il suo nome sarebbe stata utile per la propaganda nazista, dando l’apparenza di complicità a nome di questo uomo di Lorena di primo piano e di alta reputazione.

Schuman, da parte sua, con accortezza, partecipò alle conversazioni per raccogliere un massimo numero possibile d’informazioni sull’evoluzione della Germania nazista. Mentre Bürknel cercava di guadagnare la cooperazione di Schuman, il dirigente della Gestapo permise al suo prigioniero una libertà limitata di movimento, sotto il controllo di guardie.

Sempre un ascoltatore acuto, Schuman racimolò tutte le informazioni che poteva dalla gente del paese e dalle biblioteche. Ebbe dei contatti clandestini con studenti e professori del seminario di Metz in visita e con membri della resistenza di Lorena e di Germania. La sua formazione in statistica all’università di Monaco lo aiutò a costruire una stima della perdita di vite umane sul fronte orientale e delle risorse materiali in diminuzione. Già dal 1942, egli concluse che la vittoria alleata era una certezza statistica. La Germania aveva già perso 1,2 milioni di uomini. Almeno altri tre o quattro milioni erano stati immobilizzati per colpa di infortunio o di malattia. La sconfitta era soltanto una questione di tempo.

Schuman sapeva che quest’informazione, cosiccome quella del genocidio effettuato contro gli ebrei nel continente, doveva raggiungere il mondo libero. Doveva trovare un modo di evadersi dal suo arresto domiciliare. Non sarebbe certo cosa da poco. La Francia libera era a centinaia di chilometri dall’altro lato del territorio occupato. E ci sarebbe una taglia sulla sua testa.

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman

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