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Rendere la guerra impossibile – La storia di Schuman (Parte II)

Tratto dal libro di Jeff Fountain Deeply RootedCliccare qui per leggere la prima parte. Prossimamente in italiano.

Monnet sapeva che Schuman avrebbe avuto la statura morale, l’autorità politica ed il coraggio per scattare il grande cambiamento, se necessario attraverso l’implementazione di idee non convenzionali.

Clappier, il segretario di Schuman, e Paul Reuter, il consulente legale di Schuman al ministero degli Esteri, avevano ampiamente discusso delle idee del loro padrone con Monnet, che poteva portare la profondità della sua esperienza alla Società delle Nazioni, al Congresso di La Aia e da ex capo della commissione di pianificazione sotto De Gaulle subito dopo la guerra. Le proposte che aveva fatto all’epoca, in linea con la politica di De Gaulle di smantellare l’industria del carbone e dell’acciaio tedesca, avevano soltanto incrementato le tensioni franco-tedesche, invece di risolverle. Almeno sapeva ciò che non aveva funzionato.

Spesso erroneamente descritto come il vero architetto del Piano Schuman, Monnet considerava, ancora nel aprile 1950, l’idea di uno stato cuscinetto chiamato Lotaringia, tra la Francia orientale e la Germania, composto da una parte del Belgio, il Lussemburgo, l’Alsazia-Lorena, ed i territori della Saar e della Ruhr.

Reuter, anche lui proveniente dalla Lorena, era riuscito a convincere Monnet che il suo piano era impraticabile ed innaturale per gli abitanti interessati. Monnet, che aveva confessato nelle sue memorie di aver esaurito le idee a questo punto, chiese a Reuter di aiutarlo a preparare un abbozzo di un piano.

Reuter iniziò a lavorare su un primo abbozzo di piano integrando i principi ed i concetti di Schuman, insieme con le proposte pratiche e tecniche di Monnet sul modo di compiere l’integrazione economica. Clappier sapeva che il suo padrone aveva bisogno di un iniziativa audace e lavorabile da presentare il 10 maggio a Londra nella riunione dei Tre Grandi. Anche lui ha contribuito alla riflessione con Reuter, Monnet ed altri addetti.

Meno di due settimane prima di quella data, Clappier era preoccupato perché i tempi stringevano. L’ultimo fine settimana d’aprile era arrivato, quando fece un salto all’ufficio di Monnet per verificare i progressi. Monnet gli mostrò l’ultimo abbozzo. Clappier esaminò rapidamente il testo. Poi, realizzando che il ministro degli esteri stava per imbarcarsi sul treno del sabato mattina per Metz, salutò velocemente Monnet per fiondarsi con il testo in mano alla Gare de l’Est.

Mentre il treno lo trasportava verso l’est, Schuman iniziò a sfogliare il documento. Monnet e la sua squadra sembravano di aver tradotto i suoi principi e le sue idee chiavi in un piano lavorabile! Era audace ed inedito. Rompeva con la tradizione familiare dei trattati bilaterali o multilaterali tra stati nazioni. Lo guarderebbe con più attenzione nel corso del fine settimana, ma a prima vista, il piano sembrava essere ciò ch’egli aveva cercato di portarsi alla riunione dei Tre Grandi.

Alla stazione di Metz, di solito una macchina ufficiale lo aspettava. Tipicamente, alla grande frustrazione del suo personale di sicurezza, egli ignorava la macchina per prendere l’autobus pubblico per la periferia della città, ed il suo paesino di Scy-Chazelles, sui dolci pendii del Mont Saint-Quentin.

Come sempre, la sua governante era li per salutarlo e per cucinare per lui. Donna piccola e chinata, ‘la petite Marie’ Kelle si occupava della sua casa modesta stuccata a due piani posta in un giardino recintato. Questa disposizione durò per quarantadue anni, nella quale Schuman viveva una vita semplice, simile a quella di un prete.

Anche la sua biblioteca con i suoi ottomila libri lo aspettava. Fonte di gioia ed ispirazione, comprendeva dei manoscritti ed autografi rari di ogni re di Francia sin da Carlo V. La biblioteca, il suo ufficio, i giardini, e la chiesa fortificata di Saint-Quentin di fronte a casa sua, erano i luoghi favoriti per la riflessione calma nel vortice della sua vita politica.

Camminando nel suo amato giardino, Schuman poteva riflettere sui suoi due anni al posto di ministro degli esteri, e ricordarsi del Congresso dell’Europa di La Aia nel maggio 1948. Poteva tirare soddisfazione dalla formazione del Consiglio dell’Europa, con la sua enfasi sui diritti umani, lo stato di diritto e lo sviluppo democratico. Lui stesso aveva proposto di inaugurarlo l’anno successivo a Strasburgo.

Eppure, anche se era significativo, il Consiglio dell’Europa era ostacolato dai limiti nazionalistici. Non era la soluzione politica che Schuman cercava per portare la pace durevole basata sull’uguaglianza e la solidarietà.

Schuman era pure tormentato dalla sua prima visita sconcertante da ministro degli esteri in Germania, appena pochi mesi prima. Una stampa ostile lo aveva affrontato a Magonza, a Bonn ed a Berlino. Per loro, personificava la minaccia francese d’annessione della regione del carbone e dell’acciaio della Saar al confine con la Francia. Per la maggioranza dei francesi, la Germania del dopoguerra si profilava ancora come una grande minaccia, sia politicamente sia economicamente. Pensavano di avere una rivendicazione morale sulla Saar.

Schuman voleva credere che Konrad Adenauer, il cancelliere tedesco, era un uomo buono e pio in cui poteva fidarsi. Ma la questione della Saar aveva pure portato delle tensioni alla loro relazione. Solo il mese precedente, a marzo, Adenauer aveva proposto l’idea di un unione politica tra la Francia e la Germania, aperta alla Gran Bretagna, l’Italia e le nazioni del Benelux. Questa non era un idea nuova. Il cancelliere pensava già in questi termini sin dagli anni 1920. Ma l’atmosfera, in Francia come in Germania, non sembrava favorevole ad un tale piano.

L’abbozzo di Monnet sembrava però essere abbastanza pratica per funzionare…

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman

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